“Fai strada ai poveri senza farti strada”
“Don Milani ci costringe a sporcarci di fango, di vita vera, perché non si lascia certo ridurre a oggetto da salotto senza cambiare il salotto o senza uscirne, proprio come aveva fatto lui, borghese, colto, che scelse di imparare diventando maestro e alunno dei poveri, stando dalla parte dei poveri per trovare la propria parte, profeta intransigente di cambiamento”. Lo dice il card. Matteo Zuppi, presidente della CEI, celebrando a Barbiana il centenario di don Lorenzo Milani, nato a Firenze il 27 maggio 1923.
La sua lezione di prete e cittadino? “Per cambiare le cose non serve innamorarsi delle proprie idee, ma bisogna mettersi nelle scarpe dei ragazzi di allora e di oggi, degli universali Gianni e non darsi pace finché non siano strappati da un destino già segnato”.
Ricco di spunti l’intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ne ricorda innanzitutto la dimensione di educatore. “Battistrada di una cultura che ha combattuto il privilegio e l’emarginazione, che ha inteso la conoscenza non soltanto come diritto di tutti ma anche come strumento per il pieno sviluppo della personalità umana”. La cosa che più gli stava a cuore: “Far crescere le persone, far crescere il loro senso critico”. La scuola “come luogo di promozione e non di selezione sociale”.
Don Milani, continua Mattarella, “aveva una acuta sensibilità circa il rapporto – che si pretendeva gerarchico – tra centri e periferie”.
Mettere al centro la periferia.
“Il motore primo delle sue idee di giustizia e di uguaglianza era appunto la scuola. La scuola come leva per contrastare le povertà. Anzi, le povertà. Non a caso oggi si usa l’espressione ‘povertà educativa’ per affermare i rischi derivanti da una scuola che non riuscisse a essere veicolo di formazione del cittadino”.
E poi il discorso sul “merito” che “non è l’amplificazione del vantaggio di chi già parte favorito. Merito è dare nuove opportunità a chi non ne ha, perché è giusto”.
Aveva, sottolinea Mattarella, “un senso fortissimo della politica don Lorenzo Milani”. E “se il Vangelo era il fuoco che lo spingeva ad amare, la Costituzione era il suo vangelo laico. ‘Ho imparato che il problema degli altri è eguale al mio. Sortirne insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia’. Difficile trovare parole più efficaci”.
Infine la coscienza: “Cercava di instaurare l’abitudine a osservare le cose del mondo con spirito critico”. “Invitava a saper discernere”. Al “primato della coscienza responsabile”. Senza integralismi, ma con “radicalità evangelica”.
“Il fine giusto”, riassumevano tutto i ragazzi di Barbiana, “è dedicarsi al prossimo”. E dalle pagine della Lettera a una professoressa non smette di risuonare quell’invito, quell’appello rivolto a tutti noi: “Fai strada i poveri senza farti strada”.
FONTE: Caritas.it