Castel Volturno commemora la “strage di San Gennaro” sedici anni dopo

Mercoledì scorso, a Castel Volturno, si è tenuta l’annuale commemorazione della purtroppo nota “strage di San Gennaro”. Una cicatrice indelebile per il nostro territorio. Un massacro consumatosi il 18 settembre 2008, dove un italiano e sei immigrati africani rimasero ferocemente uccisi dalle strategie di controllo della camorra.

Io ricordo bene quei giorni. Ero appena tornato dal Sud Africa, e mi ritrovai immerso all’improvviso in quello scenario di violenza e caos. Tutto cominciò con qualche telefonata allarmata da Castel Volturno. In quanto operatore Caritas e responsabile dell’Area Immigrazione, molti immigrati hanno il mio numero di cellulare, e quindi fu inevitabile che il mio telefono cominciasse a squillare. Inizialmente sembrò qualcosa di surreale, quasi una notizia allarmante, ma probabilmente inventata. Poi, però, le telefonate continuarono ad aumentare, e quindi la situazione cominciò a suonare terribilmente reale.

Seguì la notizia al telegiornale, dove i giornalisti decisero di banalizzare il tutto, riducendo la faccenda ad una resa di conti per questioni di droga. Per la comunità straniera di Castel Volturno, e soprattutto per i parenti delle vittime innocenti, la goccia che fece traboccare il vaso. Nel giro di poche ore, decine di immigrati si riversarono per le strade rivoltando ogni cosa, ed incendiando tutto ciò che potesse essere messo alle fiamme. Allarmati e coinvolti dalla questura stessa, ci mettemmo ore a calmare la situazione. Non fu facile.

Quindi oggi, commemorando, non riesco a non pensare come una notte così tragica e caotica, sia riuscita ad ottenere tanto spazio nella cronaca nera, ma così poco nella riflessione politica. Quella strage infatti, e questo lo hanno capito in pochi, era la punta dell’iceberg. Quei ragazzi uccisi, come tutti gli altri rimasti vivi, erano onesti lavoratori. Vittime di caporalato, sfruttamento lavorativo, e sfruttamento abitativo. Contribuivano quotidianamente all’economia del territorio, in condizioni disumane e degradanti. E subivano, da anni e in silenzio. La loro uccisione fu soltanto il completamento di un sistema che funziona da decenni, e che non è mai stato messo in discussione. Me ne rendo conto ancora oggi, quando sento i dibattiti politici in televisione, dove l’immigrazione viene sempre discussa come problema e non come inevitabile fenomeno storico da gestire. Quando i telegiornali raccontano solo di sbarchi o di fatti di cronaca, senza spiegare nulla di tutto quel mondo sommerso che è l’immigrazione italiana. Quando ex ministri rivendicano il sequestro di una nave da salvataggio come “difesa dei confini”, quasi dipingendosi un martire e un eroe.

Dalla strage sono passati ben sedici anni. Molti, ma a quanto pare non ancora abbastanza… Nel frattempo, noi continuiamo a commemorare, e ha insistere per una riflessione più ampia, che dia giustizia a quelle sei vittime innocenti. 

Gianluca Castaldi